Il conflitto armato nell’Ucraina orientale è iniziato nel 2014. Da allora sino all’inizio dell’invasione russa del 24 febbraio sono morte almeno 14.000 persone. Nel corso di otto anni, le forze governative ucraine hanno combattuto contro i separatisti sostenuti dalla Russia per il controllo di gran parte delle due regioni fortemente industrializzate di Donetsk e Luhansk, note anche come Donbas.
Le feroci battaglie nel 2014–2015 si sono concluse con un terzo del territorio della regione, la sua parte più urbanizzata, occupato da due piccoli stati che si sono auto nominate Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk.
Tra settembre 2014 e febbraio 2015, Russia, Ucraina, Francia e Germania hanno firmato diverse versioni dei cosiddetti accordi di Minsk, che alla fine hanno interrotto il movimento in avanti delle truppe e ridotto significativamente i combattimenti. Gli accordi però non sono mai stati attuati, e i combattimenti si sono trasformati in una guerra di trincea, con circa 75.000 soldati che si sono affrontati lungo una linea del fronte lunga 420 km che attraversa aree anche densamente popolate.
La guerra cosiddetta “di posizione” ha rovinato l’economia e le industrie pesanti della zona, ha costretto milioni di persone a trasferirsi e ha trasformato la zona del conflitto in una delle aree più contaminate dalle mine del mondo.

Le vittime dei combattimenti
L’informazione sulle vittime dei conflitti, di tutti i conflitti, è spesso politicizzata. È probabile che alcune vittime non in combattimento tra i combattenti di entrambe le parti siano state talvolta segnalate come vittime di guerra, sia da funzionari o funzionari de facto, sia dai media.
Le fonti che riportano le vittime di combattimento tra i gruppi armati usano spesso la parola “обстрел”, un termine ampio che viene solitamente tradotto dal russo come “bombardamenti”, ma che in realtà può riferirsi ad artiglieria, armi leggere e fuoco di armi leggere. È quindi possibile che il numero delle vittime all’interno dei gruppi armati sia stato sovrastimato. Inoltre, l’uso del termine “обстрел” può in alcuni casi indicare altre cause di morte, come il fuoco amico o incidenti legati alla manipolazione non sicura delle armi.
Rimaniano comunque con la certezza che circa 14mila persone sono morte nei primi 7 anni di guerra di cui 2mila solamente nel 2014.
Episodi importanti:
– abbattimento del volo della Malaysia Airlines con 298 persone a bordo da parte dei separatisti filo russi
– aeroporto di Donetsk, una battaglia durata da settembre 2014 a gennaio 2015 con la presa del controllo da parte dei separatisti
https://www.crisisgroup.org/content/conflict-ukraines-donbas-visual-explainer
I dati delle Nazioni Unite
Il 27 gennaio 2022, l’Ufficio delle Nazioni Unite dell’Alto Commissario per i diritti umani ha pubblicato la sua stima più recente delle vittime del conflitto nel Donbass dal 2014 al 31 dicembre 2021. La famosa cifra di 14mila vittime, spesso citata da filo-russi commenti, deriva da questo documento. L’ONU stima più dettagliatamente tra le 14.200 e le 14.400 vittime.
Secondo le Nazioni Unite, 10.900 vittime erano soldati, di cui 4.400 ucraini e 6.500 combattenti filo-russi di o per conto delle pseudo-repubbliche separatiste. Le vittime civili furono tra 3.400 e 3.500. Questi ultimi a loro volta non sono stati tutti vittime di attacchi e di droni e razzi lanciati dall’Ucraina contro le pseudo-repubbliche. Una parte, infatti, è morta nelle porzioni delle oblast di Luhansk e Donetsk rimaste sotto il controllo ucraino durante gli attacchi dei separatisti.

Il rapporto delle Nazioni Unite rileva inoltre che l’8,8 per cento di tutte le vittime civili proviene da un singolo incidente, accaduto il 17 luglio 2014, quando il volo MH17 della Malaysian Airlines da Amsterdam a Kuala Lumpur è stato colpito da un missile e tutti i 298 che erano a bordo ( 283 passeggeri e 15 membri dell’equipaggio) sono morti. Mentre la propaganda russa e filorussa ha cercato di diffondere diverse teorie del complotto sull’incidente, due indagini olandesi hanno concluso che l’aereo è stato colpito da un missile terra-aria fornito dalla Russia alla Repubblica popolare di Donetsk e sparato dalle milizie di quest’ultima .

Il “genocidio” del Donbas
Non c’è stato alcun “genocidio” della popolazione del Donbas da parte dell’esercito ucraino. C’è stata una guerra, provocata dalla Russia in violazione non solo dell’integrità territoriale di uno stato sovrano, ma anche del trattato firmato a Budapest nel 1994 il quale prevedeva che l’Ucraina rinunciasse alle armi nucleari in suo possesso, che aveva ereditato in seguito alla dissoluzione dell’URSS, e in cambio:
- i paesi firmatari (Russia, Stati Uniti e Regno Unito) avrebbero rispettato la sovranità, l’integrità territoriale e i confini esistenti;
- non l’avrebbero attaccata se non in caso di autodifesa;
- avrebbero evitato misure di coercizione economica per sottometterla;
- non avrebbero usato armi nucleari contro di lei;
- l’avrebbero assistita in caso di attacco nucleare;
- avrebbero fatto rispettare questi punti nel caso di una crisi.
Come tutte le guerre, ci sono state vittime da entrambe le parti. Purtroppo sono morti anche i civili. Furono uccisi, ancora una volta, da entrambe le parti. Affermare che tutte le 14.000 vittime della guerra nel Donbass sono state “uccise dagli ucraini” è solo propaganda. Sfortunatamente, parte dell’opinione pubblica occidentale crede che sia vero e finiscono con il propagare acriticamente queste falsità.
I dati delle Nazioni Unite mostrano anche chiaramente che dal 2014 il numero di civili morti nel Donbas è costantemente diminuito da entrambe le parti. Non c’è stata un’escalation del conflitto negli ultimi anni, il 90% dei civili del Donbas è morto nel biennio 2014–2015.
Tuttavia Putin e la propaganda da lui diretta usano la tesi del “genocidio in Donbas” per giustificare l’invasione russa in Ucraina.
Durante un incontro con i rappresentanti delle compagnie aeree russe il 6 marzo, Putin ha affermato che “le persone nel Donbas non sono cani randagi… Da 13.000 a 14.000 sono stati uccisi negli anni, più di 500 bambini sono stati uccisi o feriti”.
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Ha rilasciato una dichiarazione simile il 16 marzo durante un incontro con i membri del governo russo: “In tutti questi anni le ostilità nel Donbas sono continuate, gli insediamenti pacifici sono stati bombardati. In questo periodo morirono quasi 14.000 civili, compresi i bambini”.
Alla conferenza “Per un mondo senza nazismo” del 18 marzo a Luzhniki, Putin ha ripetuto lo stesso mantra davanti a migliaia di persone: “Sono state lanciate operazioni punitive contro il popolo del Donbas, sono stati immediatamente sottoposti a blocco, bombardamenti sistemici, attacchi aerei… tutto questo è ciò che viene chiamato genocidio”.
Sia chiaro: rapporti indipendenti confermano che le forze separatiste filo-ucraine e filo-russe hanno commesso violazioni dei diritti umani , che vanno dalla detenzione arbitraria alla tortura. Ma sebbene preoccupanti, questi abusi sono stati limitati. E la violenza non assomiglia neanche lontanamente al genocidio, come definito da Lemkin e dalla Convenzione delle Nazioni Unite.
Usare il genocidio per ragioni politiche
Non è la prima volta che governi e capi di stato usano la “scusa” del genocidio per minacciare altri paesi o motivare un intervento armato. Anche diversi funzionari governativi hanno discusso sulla effettiva definizione di genocidio per negare che stesse effettivamente accadendo.
Uno degli esempi più noti è stata la negazione da parte degli Stati Uniti che la violenza di massa in Ruanda nel 1994 fosse un genocidio, sostenendo che non corrispondeva al “significato legale preciso” del termine. Washington temeva che se l’ONU avesse chiamato la violenza “genocidio” sarebbero stati costretti a intervenire in Ruanda. Le milizie armate però hanno ucciso circa 800.000 tutsi — una minoranza etnica — e hutu moderati nell’indifferenza generale e a colpi di machete.
Oggi, i paesi continuano a negare di commettere ciò che gli esperti considerano un “genocidio”. La Cina ha negato di commettere un genocidio contro gli uiguri, un gruppo musulmano nella regione dello Xinjiang che continua a subire una serie di abusi.